Contro la contraffazione serve l’internazionalizzazione del “vero” agroalimentare italiano

Il tema dell’internazionalizzazione delle imprese agroalimentari italiane è un argomento di grande rilevanza nel dibattito pubblico ed economico da molti anni. I vari governi italiani hanno spesso incluso negli obiettivi dei loro programmi la crescita dell’export, accompagnata da strumenti e sostegni economici per conquistare quote di mercato in tutto il mondo.
Questa conquista avrebbe dovuto contrastare la vendita di prodotti contraffatti, il cosiddetto “italian sounding”, che spesso mina la reputazione dell’export italiano, anche se questi prodotti falsi vengono venduti a prezzi molto inferiori.

58,8 miliardi di euro il valore dell’export

Negli anni, le esportazioni agroalimentari dall’Italia sono notevolmente cresciute, raggiungendo 58,8 miliardi di euro alla fine del 2022, rispetto ai 31,9 miliardi di dieci anni prima. Un dato che rappresenta un aumento dell’85%, superiore alla crescita complessiva delle esportazioni nel settore manifatturiero italiano (+59%).

Esiste però un problema legato alla propensione all’export delle imprese italiane nel settore agroalimentare. In media, solo il 15% delle 54.000 aziende alimentari italiane esporta al di fuori dei confini nazionali. Questa capacità di esportazione sale con le dimensioni aziendali, ma l’86% delle imprese ha meno di 10 dipendenti e contribuisce solo al 10% del fatturato del settore. Al contrario, le grandi aziende con oltre 250 dipendenti rappresentano solo lo 0,2% del totale, ma generano il 34% del fatturato complessivo. Questo divario strutturale influisce negativamente sulla capacità dell’Italia di competere con paesi come la Germania, che ha una propensione all’export superiore al 40% grazie a imprese più grandi e strutturate.

C’è bisogno di nuovi mercati

Un fattore chiave di questa ridotta propensione all’export è la struttura demografica dell’Italia. Molte piccole e medie imprese agroalimentari producono principalmente per il mercato nazionale, che rappresenta attualmente il terzo mercato più grande in Europa per i prodotti agroalimentari.

Però il calo demografico previsto e l’invecchiamento della popolazione potrebbero portare a una diminuzione della domanda interna. La popolazione italiana è destinata a diminuire da 59,2 milioni a 54,2 milioni entro il 2050, con un aumento significativo degli anziani. Una simile evoluzione avrà un impatto sia sulla quantità sia sulla qualità dei consumi alimentari, con alcune categorie di prodotti che rischiano una contrazione nelle vendite.

Il futuro è il mondo

Per affrontare questa sfida, le imprese alimentari italiane devono puntare sull’internazionalizzazione come unica opzione per garantirsi un futuro.

Tuttavia, il processo richiede una visione a medio-lungo termine, un’adozione di strategie di market intelligence e soluzioni concrete per l’internazionalizzazione. È essenziale promuovere una nuova cultura d’impresa basata sullo sviluppo sostenibile e redditizio di progetti di business, soprattutto nelle PMI agroalimentari, per sfruttare appieno il potenziale di crescita nel mercato internazionale e mantenere la competitività del settore agroalimentare italiano.